VITOLA: Toro
TAGLIA: Cepo 52 x 165 mm di
lunghezza
Nato a Cuba alla fine del 1950, Josè Pepin Garcia iniziò a lavorare
nella fabbrica di sigari di suo zio alla tenera età di 11 anni. Meno di due
anni più tardi, si trasferì alla fabbrica di esportazione di sigari di Félix
Rodríguez, dove ha lavorato fino al 2001, quando lasciò Cuba per il Nicaragua.
Al suo arrivo in Nicaragua, ha lavorato per la Tabacalera Tropical, una
società avviata da Pedro Martin, prima di essere acquisita da Eduardo Fernandez
di Aganorsa nel 2002.
Nel giugno 2002, decide di rendersi indipendente aprendo una piccola
fabbrica a Miami chiamata El Rey de los Habanos, in zona Little Havana. Si fa conoscere al grande pubblico per
un sigaro che porta il nome della sua azienda, altre ai vari Don Pepin Garcia
Blu, Don Pepin Garcia cubano Classic (Black Edition) e Don Pepin Garcia Serie
JJ. Ha poi collaborato con Pete
Johnson alla realizzazione della linea chiamata Tatuaje, anch’essa reduce dai
festeggiamenti per i dieci anni di attività.
Quella che era nata come piccola fabbrica dal nome altisonante, si è col
tempo trasformata ed evoluta in quella
che noi oggi conosciamo come My Father Cigar, società con sede in Florida e fabbriche
di produzione sigari in Nicaragua, diventando di fatto, uno dei più grandi nomi
nell’industria del sigaro havana, con un trio di volti che rappresentano la
società: Pepin e i figli, Jaime e Janny.
Il sigaro che andiamo a presentare, nasce per celebrare i dieci anni di
attività e di fatiche di Josè Garcia. Ci sembrava quindi giusto iniziare con
una premessa storica sul percorso professionale di Don Pepin.
La scatola si presenta in maniera imponente ed elegante: uno scrigno in
legno con chiusura a gancio in ottone, a forma di uncino. Il logo regale
applicato nella parte superiore del box, viene riportato nel sottocoperchio
stampato in oro su velluto blu.
I quattordici sigari presenti nella scatola, sono suddivisi in slide lid boxes, che rendono il
packaging davvero accattivante. Una volta estratto, il sigaro non delude le
aspettative: la capa di origine ecuadoregna (binder e filler sono invece puro
nicaraguensi) presenta alcune venature, un colore maduro uniforme, dai toni
bruni, davvero luminoso, contrasta esaltando, l’anilla che lo avvolge.
La costruzione risulta essere eccellente, un riempimento regolare si
rileva su tutta la lunghezza lasciando, al tatto, una sensazione di grasso
untuoso.
Al naso, un profumo medio di legno e cuoio non ci colpisce
particolarmente per intensità, decidiamo quindi di procedere all’intestatura e
all’accensione del sigaro.
Il tiraggio conferma la perfetta costruzione, regolare così come la
combustione, offre puff “calibrati”, con una forza nicotinica medio leggera. La
cenere davvero molto compatta, di colore bianco, si stacca solo sotto la
pressione delle nostre dita.
Al palato risulta metallico e asciutto, con un persistente retrogusto
sapido. Gli aromi sprigionati si faticano a distinguere l’un l’altro,
riconosciamo legno e tostato, con punte pepate. A tratti dolce, si mantiene
asciutto per tutta la durata della fumata, non si evince nessuna particolare
evoluzione degli aromi, solo la forza nell’ultimo tercio acquista corpo,
raggiungendo un livello medio.
La fumata termina dopo quasi un’ora e mezza, con un’unica correzione del
bracere. Non abbiamo accompagnato il sigaro con alcun distillato, ma ne
consigliamo l’abbinamento a qualche bollicina non troppo strutturata. Nel complesso
questo Don Pepin si presenta con un buon equilibrio e una media complessità, ci
ha delusi la scarsa evoluzione, che lo rende un sigaro nel complesso uniforme,
ma di una costruzione e tiraggio impeccabili. Adatto al pomeriggio o alla
fumata serale e consigliato agli amatori di caraibici di forza medio leggera,
come i Davidoff.
Per
chi ama collezionare, questo è un esempio, insieme al suo packaging regale, da
non farsi sfuggire!
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